1. English version: Tales of Lead: European Far Right, Giuliano Miotti, Fanatical Italian Spy, the War in Laos, and a CIA Report (1979)

All’interno di un documento della CIA prodotto dal Joint Publications Research Service, documento che fa parte di una serie di report contenenti pubblicazioni e informazioni di interesse per gli Stati Uniti raccolti da ogni parte del mondo e trasmessi ciclicamente per l’uso interno del governo americano, esiste copia di una storia sconcertante, di una testimonianza incredibile. Il documento è stato desecretato nel 2007: vi è all’interno la copia integrale di un articolo uscito per L’Europeo il 18 gennaio 1979 a firma Roberto Chiodi, giornalista dalla storia professionale adrenalinica (fu arrestato – e rapidamente scarcerato – in aula nel 1977 durante il processo a Ordine Nuovo perché non volle rivelare le fonti di un suo articolo: sulla questione ci fu nell’aprile 1978 una interrogazione parlamentare. Negli anni Ottanta firmò le controverse rivelazioni scandalo sulla partita Italia-Camerun in un libro oggi rarissimo, Mundial Gate, insieme a Oliviero Beha).

L’articolo fu tradotto interamente in inglese e racconta di un congresso in Brasile, e alla luce delle diverse pagine scritte dal giornalista parrebbe essere solo uno fra gli eventi dell’universo della destra estrema europea che, con lo scandalo dell’Aginter Press in Portogallo, sembrava aver subito un colpo fatale. Ma così non è. Chiodi racconta che a questo congresso che si sarebbe svolto in Brasile nel 1977, sarebbero stati ben 480 gli esponenti di alto profilo delle organizzazioni di destra europee riunitesi per un incontro strategico. Le nuove leve, poiché nel corso degli anni precedenti si sarebbe fatto un ripulisti di quei nomi della destra già saliti alla ribalta e bruciati in vari modi, avrebbero di concerto intessuto relazioni con l’estrema sinistra europea che si riconosceva nei concetti Maoisti e, proprio in Estremo Oriente, nel Laos, si sarebbe scelto il terreno comunitario per organizzare a livello pratico, con un quartier generale, questo nuovo legame. Si sogna dunque un’organizzazione costruita, efficiente, paramilitare.
Chiodi sottolinea come, dopo il primo incontro estivo in Brasile, se ne sia svolto uno invernale in Spagna, a Barcellona, dove nello specifico sarebbero stati perfezionati i contatti fra la sinistra maoista e gli eredi dell’Internazionale Nera (citazione figlia dei nostri anni). Si anticipa anche la notizia che il successivo congresso si sarebbe svolto nella Corea del Sud, dove argomento prioritario sarebbero state le operazioni nella penisola indocinese sulla base di un presupposto definitivo: solo l’Europa può decidere il destino del mondo, quindi della guerra (o meglio, solo l’estrema destra europea può).

Nell’ottobre 1977 a Perpignan è formato ufficialmente il Royal Government of Free Laos, che comprende alte cariche della destra in fuga dal Paese : il leader laotiano risulta essere Phoui Sananikone, due volte primo ministro negli anni Cinquanta, che morirà nel 1983 a Parigi (Chiodi cita non questo, ma un nome diverso, quello del generale Meo Vang Pao). Il RGOFL è una delle numerose macro e micro fazioni in uno scenario affollato e complicato, che vuole prendere il potere nel Paese indocinese attraverso la rivincita tribale dei Meo, una minoranza etnicamente originaria della Cina. Il Laos è dilaniato dalla guerra civile e dal conflitto in Vietnam ed è un terreno dove si sfidano nell’ombra le potenze di sempre: Stati Uniti, URSS, Cina. A questo punto della storia del Laos (e del Chiodi) entra in scena una di quelle figure strane e assurde che hanno popolato le cronache italiane per una parentesi degli anni di Piombo: Giuliano Miotti Konisberg (o Konigsberg?), un cittadino di circa 40 anni residente a Bassano del Grappa che sarebbe niente meno che il braccio operativo del Royal Government in esilio, incaricato nel progetto di liberazione del Laos nella costruzione del “distaccamento” in Estremo Oriente di questo grande fronte estremista occidentale, proprio quello la cui rappresentanza si riunisce nei congressi segreti in giro per il mondo, la rete intera che lega gli estremisti neri d’Europa e d’Occidente, ma non solo. Addirittura Giuliano Miotti viene definito da Chiodi come il fautore della sponsorizzazione di questa nuova “Internazionale 2.0” – la chiamo così per comodità di citazione – (quindi di realtà quali Italia, Spagna, Francia) al Royal Government e ai suoi progetti. Inciso: nel Laos c’è la guerra, il suo destino è strettamente legato al conflitto in Vietnam. Il Mekong è rosso sangue e il neoformatosi governo in esilio è una delle identità che si schiera contro il governo comunista sovietico e anticinese, supportando le milizie armate sul campo: milizie che gli esperti del tempo non hanno dubbio vengano armate dalla Cina, che emerge quindi come un nuovo, anche se non proprio a sorpresa, alleato di quello che è il sogno nero, la stabilizzazione, l’ordine e la pace, un sogno messo all’angolo dagli Stati Uniti e dall’Unione Sovietica, un sogno quindi in cerca di partner ideologici che siano in grado di spianargli la strada. Da qui l’affinità con la sinistra estrema di stampo maoista fortemente votata alla visione ideologica cinese lasciata in eredità da Mao.

Riflettori su Miotti. Chiodi lo descrive come un personaggio già conosciuto nella scena italiana e racconta che quando era giovane, questi ha viaggiato per tutta Europa dopo aver rubato i piani di un test nucleare: in realtà si tratta, anche stavolta, di una storia abbastanza strana e oscura. Del test nucleare non si sa niente, ma Giuliano Miotti fu condannato nel 1965 in Italia a tre anni di prigione e all’interdizione dai pubblici uffici per cinque anni con l’accusa di essere una spia per la Germania dell’Est (di anni ne scontò solo uno). Il suo coinvolgimentò saltò fuori durante il processo a un cittadino tedesco a Vicenza: Miotti, all’epoca poco più che ventenne, affermò di essere stato reclutato come fonte (in maniera coatta) nel 1960 a Treviso, dove si occupava di import-export. Al processo raccontò una storia incredibile e affascinante: il contatto con questa organizzazione tedesca, il cui tramite era l’altro imputato al processo, sarebbe avvenuto per sbaglio, quando a Treviso fu avvicinato da un uomo che gli mise in mano una busta e dei soldi. Il Miotti avrebbe cercato di far capire all’uomo che c’era stato un equivoco ma fu spinto in una lussuosa auto del corpo diplomatico dove avrebbe ricevuto minacce esplicite se a quel punto non avesse collaborato. Avrebbe anche ricevuto, nel periodo successivo, un addestramento da agente segreto. Come riportano le cronache dell’epoca, affermò di aver inizialmente raccontato tutto ai carabinieri ma di non essere stato creduto: nell’organizzazione avrebbe rivestito inizialmente compiti di spionaggio di poca importanza ma a un certo punto sarebbe stato chiamato in presenza di tale Wagner a Berlino, il capo dell’organizzazione, che lo avrebbe impegnato in compiti più complessi, quali reperire informazioni sul comparto industriale italiano e circuire una giovane impiegata del Foreign Office inglese conosciuta da lui a Jesolo. Spedito a Londra per contattare la funzionaria, stufo e impaurito dalla situazione, Miotti avrebbe rivelato tutto all’amica e in seguito ai servizi inglesi che lo avrebbero convinto a fare il doppio gioco; di rientro in Italia, prima di dirigersi di nuovo a Berlino, si sarebbe messo in contatto con il Federal Bureau americano, che lo avrebbe a sua volta “passato” al SIFAR. Al processo il giudice valutò di ridurre o far decadere le accuse in quanto questi tentativi di affrancarsi dal “reclutamento coatto” avrebbero dimostrato la buona fede di Miotti, ma ci fu la rimissione agli atti e si arrivò infine alla condanna. Questa avventura è importante perché all’epoca fu appurato che egli non faceva parte del MSI, come in seguito invece affermerà.

Miotti rispunterà fuori in maniera clamorosa come “superteste” in un altro caso italiano, quello di piazza della Loggia, nel cui processo a margine prenderà una condanna per calunnia. Il Miotti, che si presentò spontaneamente in veste di superteste, come riportano le indagini dell’epoca è stato più o meno marginale (anche se di sforzi investigativi e di tempo ne ha bruciato moltissimo) ma sicuramente, per motivi mai chiariti, è stato una figura “deviante” con le sue verità contraddittorie su neofascisti di spicco e campi di addestramento in Sardegna, uno dei palcoscenici delle sue interpretazioni. Miotti affermava di sapere tutto sull’attentato terroristico e di conoscere gli ingranaggi segreti della rete estremista: millantava conoscenze, un network informativo, chiedeva soldi (10 milioni di lire) in cambio delle informazioni, a un certo punto delle indagini arrivò perfino a impersonare un funzionario del SID. La sua pista principale portava in Sardegna, dove a suo dire si svolgevano le attività paramilitari e il traffico d’armi della rete neofascista dietro l’attentato di Brescia. In Sardegna fu accompagnato dal giudice istruttore dell’epoca, Domenico Vino, per mostrare i campi dove gli attentatori avrebbero ricevuto la formazione paramilitare e dove si sarebbero anche trafficate armi. Da Nuoro a Cagliari, passando per Olbia, Sassari, Alghero, sarebbero stati molti gli esponenti del MSI chiamati in causa dal teste, soprattutto Antonio Chessa, particolarmente coinvolto dal Miotti nelle sue dichiarazioni, per non parlare di una dirigente scolastica di Oristano che avrebbe fatto parte del pacchetto “armi e milizia”. Come “superteste” però, Miotti non fu convincente, perfino la sua tessera al MSI fu una bugia: dopo molti tira e molla con le autorità che fecero il possibile per assicurarsi di eliminare ogni dubbio sulle sue dichiarazioni, venne condannato per calunnia, truffa e falsa testimonianza per motivi abietti, continuando la sua ricerca di protagonismo per un certo tempo anche dal carcere, dove prima simulò un tentativo di suicidiodove poi continò ad affermare di essere il depositario di segreti pericolosi e dove infine confessò di non sapere niente. Per farsi un’idea di quanto il Miotti fosse un personaggio bizzarro e definito non completamente equilibrato dalla stampa, può essere di aiuto parte di un articolo de La Stampa che dice:

L’influenza di Miotti alla fine degli anni Settanta a Perpignan si presenterebbe vasta e in grado di assicurare al governo laotiano in esilio, grazie ai contatti con l’Internazionale nera 2.0, anche le forniture di armi, veicoli e perfino elicotteri: avrebbe contattato, oltre a intermediari svizzeri e inglesi, anche la Valdec di Milano e la nota Racoin di via Clementina a Roma, quella dell’amministratore delegato Luigi Guardigli. Giuliano Miotti è in grado anche di snocciolare una serie di nomi e di paesi, dall’Iran a Pechino, che offrono il loro pieno supporto alla causa del Royal Government e alla loro impresa. Compreso il Vaticano.
Fra i nomi riportati nel pezzo: Gaston Armand “Guy” Amaudruz, leader svizzero del Neue Europaische Ordnung (NOE) e vicinissimo al movimento di Ordine Nuovo; Yves Guerin Serac, l’inafferrabile fondatore dell’Aginter Press e riferimento della famigerata Internazionale Nera originale, conosciuto in Italia anche per il coinvolgimento nella strage di Piazza Fontana (si fa chiamare con il nome di battaglia Morgan); Manuel Sanchez, che Chiodi identifica come il leader dell’organizzazione estremista Guerrilleros de Cristo Rey, assassini che ritroviamo a Montejurra ma che dovrebbe in realtà chiamarsi Mariano Sanchez; Jose Tolo Blasco, oscurissimo professore di Barcellona che rappresenterebbe la vecchia guardia del defunto Francisco Franco e soprattutto il CEDADE (Circulo Espanol de Amistad de Europa) una piccola ma nota organizzazione neonazista iberica a cui sarebbero affiliati anche Klaus Barbie e suo figlio, in attività ancora nei primi ’10 del Duemila. Fra gli italiani, Sandro Saccucci, all’epoca riparato al n. 77 di Calle Pujada a Barcellona sotto il nome di battaglia Max, parlamentare del MSI in quegli anni condannato in contumacia a 12 anni per l’omicidio di un giovane comunista a Sezze (fu poi assolto dalle accuse: esistono interviste recenti sulla sua versione dei fatti). Ci sono inoltre Stefano Delle Chiaie, immancabile, con l’alias Jean Marc ed Eliodoro Pomar, ingegnere italiano Ispra, ordinovista e considerato in prima linea nell’omicidio del giudice Occorsio.
Fra questi, il Miotti spicca per posizione diplomatica, in quanto avrebbe cittadinanza laotiana e passaporto diplomatico: come uomo chiave del Governo in esilio, alloggia nella villa con affaccio sul mare a Canet-en-Roussillon dove si sono rifugiati i membri del governo e dove Miotti vive con la sua guardia del corpo, tale Alberto Prai, altro bassanese incaricato di proteggerlo con tanto di M-16 da chi ha cercato di ucciderlo per ben due volte. Alberto Prai sostituisce temporaneamente Flavio Moletta Contessa, braccio destro e guardia del corpo di Miotti, temporaneamente delocalizzato a Bruxelles.

Miotti è in grado di arrivare facilmente alle persone di cui ha fatto i nomi a Chiodi: il giornalista avrebbe assistito infatti a un incontro privato fra Miotti e il professor Tolo Blasco, una personalità presentata come di spicco nell’ambiente neonazista iberico e fortemente convinto che la destra occidentale necessiti di una base in Asia per fare da scudo contro l’invasione comunista, sebbene professi una lotta pacifica che vede l’estrema destra in perfetto accordo con l’estrema sinistra maoista. Nella propaganda di Tolo e in quella degli estremisti neri emerge la convinzione che le visioni di Mao non siano lontane da quelle di Hitler e questo permetterebbe la grande affinità fra gli ambienti estremi di destra e sinistra, un avvicinamento che al resto del mondo suonerebbe ancora all’epoca come un fatto inconcepibile (nonostante dagli anni Sessanta si parli di questo “specchio” degli antipodi).
Ma Tolo è un nazista convinto, tanto da ricordare a Chiodi di sua iniziativa di essere stato probabilmente l’unico uomo bianco occidentale a salutare il defunto Mao rendendogli omaggio col braccio teso e un energico “Heil Hitler”. Tolo è anche uno in vena di rilasciare il suo commento sulle Brigate Rosse e sulla rappresentanza dell’estrema sinistra italiana nel progetto Laos. Per lui le Brigate Rosse sono divise in due correnti ideologiche, quella russa e quella cinese. L’estrema destra di Tolo sarebbe in contatto con la fazione cinese delle BR, fomentata da infiltrazioni di maoisti spagnoli che avrebbero facile accesso ai leader brigatisti rifugiatisi in Spagna. L’uomo dei contatti parrebbe essere Luis Garcia Rodrigues, direttore dell’azienda Zeid, che ha garantito assistenza a quasi tutti i rifugiati politici italiani (i terroristi in fuga in Spagna) fra cui anche il già citato Sandro Saccucci, a cui avrebbe rimediato un impiego presso il fratello di Augusto Pinochet (Saccucci dopo la Spagna riparerà in Argentina dove vive ancora oggi). L’estrema destra locale sarebbe quindi ben disposta a guardare le spalle non solo ai camerati ma anche ai compagni dell’estrema sinistra maoista. Anzi, questa solidarietà fra ormai ex-antagonisti pare essere la norma, un esempio sarebbero i buoni rapporti fra l’organizzazione di Tolo e i Grupos de Resistencia Antifascista Primero de Octubre (GRAPO), formazione clandestina spagnola antifascista di stampo marxista-leninista che si ritiene sia rimasta attiva fino ai primi anni del Duemila e la cui leader, all’epoca, sarebbe stata una donna nascosta ad Algeri.

In questa ragnatela di contatti fra sovversivi, che si ritrovano sotto l’ombrello della visione cinese, anche le Brigate Rosse si allineano all’obiettivo di neutralizzare i Nord Vietnamiti per proteggere l’Europa dalle conseguenze del conflitto e, più pragmaticamente, per creare uno spazio geografico che diventi un terreno comune per gli estremisti neri e rossi, dove incontrarsi liberamente. Le conferenze organizzate in Brasile e in Spagna sarebbero servite proprio a definire man mano il calendario dell’organizzazione e stabilire i ruoli dei gruppi sotto l’egida di un singolo comando. Strutturare quindi questa nuova versione dell’Internazionale Nera 2.0 affinchè in Europa si consolidi l’organismo mondiale parallelo, anche se probabilmente con una partecipazione più marginale degli esponenti italiani, soprattutto del MSI, sorvegliati speciali nel gruppo a causa di personaggi ambigui e soggetti a troppe attenzioni in patria. I partecipanti italiani affiliati al MSI che avrebbero partecipato alle conferenze, sarebbero infatti stati presenti a titolo strettamente personale e non in rappresentanza del Movimento. Il MSI viene liquidato da Tolo come un problema italiano che dovrà essere risolto. L’attenzione principale e gli sforzi collettivi sono concentrati sulle nuove leve, sui giovani presenti nel gruppo che rappresentano il futuro di una ideologia che non distingue fra destra o sinistra estrema ma si riconosce nell’obiettivo comune della pace e di un posto nel mondo.

Tolo dimostra quindi una certa incoerente fissazione per propagandare il pacifismo: condanna chi si ammazza in nome di certi ideali che non sa bene cosa rappresentino e condanna chi rallenta il raggiungimento del traguardo comune d’Europa, la tranquillità. Solo che per raggiungerla probabilmente si dovrà passare, dice a Chiodi, per un terzo conflitto mondiale, che il professore prevede intorno al 1985: una guerra di 15 minuti ma dall’intensità e dalla ferocia straordinarie. L’Europa non si renderà conto che sarà di nuovo il teatro della battaglia. Questo filosofo sconosciuto è un personaggio improbabile al pari di Miotti, ma questi sforzi per la guerriglia in Laos sembrano trovare un riscontro almeno nelle tracce lasciate dallo stesso Miotti.

Nell’Archivio Distaccato dei Servizi Segreti Esteri dell’Ucraina si conservano documenti declassificati e di un certo valore inerenti a una organizzazione chiamata Anti-Bolshevik Bloc of Nations (ABN) che fu sorvegliata speciale dal KGB e oggetto di diverse campagne di neutralizzazione ordinate dal Cremlino. Fra i documenti, un estratto da Enciclopedia Degli Studi Ucraini della Taras Shevchenko Scientific Society la presenta così:

ABN (Blocco delle Nazioni Antibolscevico) è il nome del centro di coordinamento delle organizzazioni rivoluzionarie di liberazione dei popoli schiavizzati dalla Russia bolscevica. Fondata su iniziativa della [in inglese Organization of Ukrainian Nationalists] OUN il 21-22 novembre 1943 in una conferenza segreta nelle foreste di Zhytomyr con la partecipazione di delegati di 12 popoli, riorganizzata nel 1946 in esilio. Nel Blocco sono rappresentate le organizzazioni dei seguenti popoli (dal 1954): albanesi, bielorussi, kazaki, lettoni, lituani, slovacchi, turkmeni, ungheresi, ucraini, croati e cechi.

L’ABN ha un ufficio stampa presso la Zeppelinstr. 67 a Monaco e pubblica una rivista cartacea in cui nel 1979, nell’uscita di gennaio-febbraio, vol. XXX n. 1, compare un appello firmato dal Generale Giuliano Miotti Konigsberg. Notare l’assenza dell’Italia nella lista che presenta:

Fra le pieghe del tempo si nascondono storie incredibili: sappiamo che il Royal Government non ha avuto la sua vittoria e (forse) in Laos non esiste e mai è esistito il quartier generale di una Internazionale 2.0.
Al momento in cui scrivo questo pezzo, agosto 2023, nella rete italiana i riferimenti a Miotti sono scarsissimi, anche nelle community e siti che si interessano alla storia italiana, agli eventi e ai processi qui citati. Miotti si ritrova in alcuni verbali di udienza e in pochi articoli archiviati dell’epoca. Non so che fine abbia fatto, anche se cercando il suo nome su Google, esce fuori un risultato sorprendente che potrebbe (o no) essere riferito a lui (piccola compagnia di trasporto aereo in Vietnam?)
Delle persone citate in questo post, di pochi si conosce il destino, di altri nemmeno la storia.
Roberto Chiodi, dopo essere andato in pensione, si è dedicato alle gare d’auto d’epoca ma continua a scrivere.
Josè Tolo è un personaggio misterioso e invisibile, continuo a cercare, fallendo, negli archivi iberici;
Gaston “Guy” Amaudruz è morto nel 2018 e passa alla storia come uno dei primissimi neonazisti ad aver negato l’Olocausto;
Yves Guerin-Serac è morto nel 2022 in una casa di cura per malati di Alzheimer;
Mariano (Manuel) Sanchez è morto nel 1993 per un attacco di cuore;
Sandro Saccucci come già detto dovrebbe essere ancora vivo in Argentina;
Stefano Delle Chiaie è morto nel 2019 a 83 anni;
Eliodoro Pomar è presumibilmente morto, visto che è nato negli anni Venti del Nocento.

Fonti consultate

Philip Rees, Biographical Dictionary of the Extreme Right Since 1890
Miguel Madueño Álvarez, Guerrilleros de Cristo Rey: El brazo armado de la extrema derecha en los primeros años de la Transición
Miquel Ramos, El legado de la neonazi CEDADE persiste 20 años después (https://www.lamarea.com/2013/11/11/cedade/)
Mariano Sánchez Soler, La larga marcha ultra: Desde la muerte de Franco a Vox (1975-2022)
Archivi storici L’Unità e Corriere della Sera
Douglas S. Blaufarb, Organizing and Managing Unconventional War in Laos, 1962-1970 (documento declassificato nel 1980 dall’ Advanced Research Projects Agency – ARPA)
Inpeng Suryadhay, Il Laos nella morsa dell’imperialismo comunista vietnamita e sovietico, traduzione dal francese di Massimo Granata, 1985 (https://alleanzacattolica.org/il-laos-nella-morsa-dellimperialismo-comunista-vietnamita-e-sovietico/)