In Messico negli ultimi anni, gli scontri tra uomini del cartello e forze di polizia hanno raggiunto un livello di violenza inedito in un quadro che già si presentava come una macelleria a cielo aperto. Il cambiamento è imputabile soprattutto a un fattore che si è presentato in una velocissima escalation evolutiva: la tattica militare. Nel 1998 un gruppo di venti uomini, ex militari dell’esercito messicano con addestramento operativo in America e Medio Oriente, fonda il cartello dei Los Zetas: è la nascita di un nuovo modello di criminalità nel mondo del narcotraffico, la prima generazione di zetas che attraverso le proprie capacità operative e l’esperienza guadagnata in ambito di guerra, disciplina e addestra un esercito che allo stato attuale conta più di 10.000 uomini in tutto il Messico, con infiltrazioni negli Stati Uniti e una supremazia non solo sulle forze dell’ordine messicane e congiunte, ma anche sul cartello un tempo più potente e ricco del Messico, quello di Sinaloa del Chapo Guzman. Proprio da un altro cartello, uno dei più vecchi, nato nel 1987, il Cartel del Golfo, arrivavano i vertici dei Los Zetas. La commistione tra criminalità e corpi militari nasceva qui, dall’esigenza dei boss del narcotraffico di proteggere nel modo migliore i propri affari e territori: la situazione socioeconomica del Messico ha sempre favorito la corruzione nelle autorità, un fenomeno inarrestabile e gravissimo.
Nel caso degli zetas, i primi fondatori vennero assunti come guardie del corpo d’elite di Osiel Cardenas Guillén, partendo dal disertore Arturo Guzman Decena, storico ideologo del cartello che contribuì a portare nelle fila dei narcos elementi militari attivi soprattutto nell’area di Tamaulipas, l’epicentro delle attività del Cartel del Golfo. Il braccio armato del Cartello di Guillén inizia ad essere una vera e propria formazione paramilitare in cui si trovano anche soldati in servizio del 15° fanteria di Tampico e almeno sette soldati del Gruppo Aeromobile delle Forze Speciali (Grupo Aeromovil Fuerzas Especiales).
Nel caso del Cartel del Golfo, che recluta uomini nelle forze armate, si è ancora all’interno di un modello che si rifà prevalentemente  a una corruzione operativa, cioè alla compravendita di servizi (in questo caso militari) dalle autorità. Comodissimo avere soldati delle forze speciali capaci di farti evacuare in elicottero durante un raid, così come è comodissimo avere uomini di scorta in grado di proteggerti come mai un campesino armato reclutato dai narcos può fare. Questo modello è esteso ancora oggi a tutto il Centro e Sud America: in Colombia, soprattutto, la corruzione e la connivenza attiva delle autorità è a un livello tale che nelle zone più strategiche per il narcotraffico è stata possibile la nascita di posti come Buenaventura, un tempo il porto più pericoloso del mondo dove le chop houses, capannoni destinati alla vivisezione di esseri umani, erano una realtà risaputa dalle autorità. Solo nel 2015 per merito di un comitato di cittadinanza attiva e chiesa locale, è stato possibile bonificare la città attraverso un controllo militare inedito e la distruzione delle chop houses al servizio dei cartelli di gran parte del Paese.

La nuova architettura criminosa ideata dai primi zetas è differente perché compie un salto evolutivo non da poco: prende a piene mani dalle tattiche e dai modelli gerarchici militari, per strutturare una organizzazione come mai prima si era visto in Centro e Sud America. Esiste un prima e un dopo Los Zetas, un momento in cui tutte le mute convenzioni e regole che delineavano il rapporto tra polizia e criminali, tra i “vecchi cartelli” e la società civile, sono state infrante. Una delle caratteristiche degli zetas si è palesata immediatamente nei primi attacchi contro le autorità, non attacchi localizzati all’interno di uno scenario legato ai narcos o a una operazione di polizia, ma una vera e propria caccia al poliziotto. Gli zetas non temono l’autorità ma la attaccano frontalmente senza timore, sia in ambito rurale che urbano. Si muovono in cellule di pochi uomini, anche al di fuori dei territori che sarebbero di loro competenza per traffici e potere economico. Sono imprevedibili, attaccano e spariscono, organizzano azioni ben strutturate sfruttando le tecniche dell’insurgency: attirano la polizia in un determinato punto, poi ne bloccano l’avanzata all’improvviso con un attacco frontale e laterale contemporaneo, cogliendo di sorpresa gli agenti. Non hanno considerazione dei civili e non hanno esitazione: ad oggi sono circa 55.000 le vittime legate agli attacchi, agli scontri e alla violenza riferibili agli zetas, che investono una consistente parte dei loro guadagni per accumulare armi da guerra. Sono un vero e proprio esercito in grado di usare (seguendo tattiche e senza l’improvvisazione tipica dei criminali da strada che un tempo identificavano la prima linea dei vecchi cartelli), armi come AK-47 e granate.
La disciplina contribuisce a tenere i ranghi ben serrati e ad evitare che ci siano falle di cui la DEA può approfittare per arrivare ai vertici, che rappresentano una sfida estenuante: il ricambio al potere è velocissimo e costante, il cartello si presenta come una Idra dalle mille teste e per ogni Daniel Elizondo o Jose Marea Guizar catturato, altri prendono il loro posto, a volte uomini con una carriera interna più rapida di quanto lo siano le conoscenze della DEA o della polizia messicana. Gli zetas non parlano, preferiscono morire; il tradimento è punito con la morte e la tortura, una delle attività che hanno reso gli zetas la prima delle bande criminali per uso della violenza. Decapitazioni, impiccagioni pubbliche, stupri punitivi, corpi sciolti nell’acido mentre le vittime erano ancora in vita richiedono non tanto istinti animaleschi tra le fila dei soldati, quanto una disciplina e una fede cieca nella gerarchia del terrore. Chi si rifiuta di obbedire a un ordine non ha vita lunga e anche questo ferreo rigore nel comando è riconducibile al modello gerarchico militare dove non esiste alternativa all’obbligo di obbedienza al grado superiore.

Caratteristica che oggi accomuna gran parte dei cartelli, anche al di fuori del Messico, è la quantità di mine Claymore, soprattutto M18A1 utilizzata nei dintorni delle aree sicure dei cartelli: compound dove viene lavorata la materia prima, villaggi interi dove i lavoratori sopravvivono grazie alle attività collaterali nel mercato della droga, aree vicine e intorno alle magioni dei boss. Che siano fiumi, giungla o deserto roccioso, i cartelli minano l’area causando gravissimi incidenti tra la popolazione. Le mine Claymore sono letali non solo per il singolo individuo che vi inciampa ma anche per chiunque gli stia intorno: facile anche risalire alla loro provenienza, El Salvador, il mercato nero a cielo aperto per il traffico di armi, con depositi risalenti agli anni Ottanta ancora stipati di merce da vendere ai cartelli e alle gang criminali fino ai confini col Texas.  Altra risorsa illimitata in fatto di piccole armi per le gang e i cartelli del Centro/Sud America, è secondo l’US Bureau of Alcohol,Tobacco, Firearms and Explosives (BATF), lo stesso territorio americano, che al 2011 sarebbe stato il primario rifornitore di armi attraverso il confine USA – Messico. Il BATF ha legislazione prima e dopo il confine, una collaborazione tra le due nazioni che insieme ai gruppi di privati e affiliati alle lobby che si interessano di regolamentazione dell’uso e vendita delle armi, cercano di osteggiare il mercato illegale, un circolo vizioso che vede le stesse armi fare più volte percorsi di risalita: Stati Uniti – Messico – Centro/Sud America – Stati Uniti.
Altro elemento innovativo da qualche anno a questa parte, si riferisce all’utilizzo di mini sommergibili da parte dei cartelli per il trasporto di armi e droga verso gli Stati Uniti. Nel luglio 2019 viene diffuso il raro video della marina americana che insegue e blocca un mini sommergibile dei cartelli al largo della costa atlantica degli Stati Uniti. Non è un evento raro, anzi è un problema enorme: i mini sommergibili dei cartelli fanno parte di vere e proprie flotte costruite con materiali di basso livello nelle giungle sudamericane, senza ovviamente una dotazione standard di qualsiasi tipo ma destinati principalmente per le loro caratteristiche poco resistenti e per la capacità di non essere intercettati dai radar, a viaggiare nelle acque tropicali interne o risalire sotto costa al riparo dalle forti mareggiate che potrebbero schiantarli in acqua. Il viaggio dei piloti di questi mini sommergibili stipati all’inverosimile, è un azzardo per molti aspetti, ma soprattutto dimostra come ci sia un continuo addestramento all’utilizzo di tecnologie, armi e mezzi sempre più strettamente militari. I progetti per i mini sommergibili, il loro utilizzo e la loro gestione, dimostrano che la strada del pensiero intrapresa dai cartelli è innovativa e sempre più problematica per le autorità di controllo dei Paesi interessati.

Negli Stati Uniti il fenomeno del MTGM è conosciuto fin dalla guerra nel Vietnam, dove fanno la loro apparizione elementi degli Hell’s Angels (Hollywood ci ha fatto anche un film) ma è solo dal 2011 che l’US Army CID Command indaga in maniera approfondita la questione, pubblicando un report (Gang and Extremist Activity Threat Assessment) che per la prima volta utilizza statistiche e analisi approfondite per distinguere ufficialmente le tipologie di gang i cui membri sono infiltrati non solo in ambito tecnico-militare ma anche giudiziario e federale. Come sia possibile per l’esercito americano lasciar filtrare membri attivi di gang come Bloods, Crips, Vagos o appartenenti alla Fratellanza Ariana, molto spesso dipende semplicemente dalla poca capacità dei reclutatori negli appositi uffici di identificare un affiliato e dalla scarsa competenza ed efficienza nei questionari, dove, come vedremo, non è possibile fare domande sull’orientamento politico dell’aspirante recluta.
Il CID delinea tre tipologie principali di gang presenti nell’esercito, le SG (Street Gang), le OMG (Outlaw Motorcycle Gangs) e i DT (Domestic Terrorists). Risalendo agli episodi di cronaca che hanno visto coinvolti sul territorio americano ed estero militari in servizio attivo con svelate affiliazioni a gang di strada, risulta un quadro di attivisti di basso e medio profilo (i gradi coinvolti vanno da recluta a capitano), coinvolti principalmente nel traffico di droga e in omicidi a sfondo razziale. Soprattutto negli anni Novanta e nei primi del Duemila, il profilo del MGMT era quello del soldato bianco proveniente da un background rurale povero, le cui attività politiche sono riconducibili ai DT.
Nel 2017, Carter Smith svela nel suo rapporto che oggi invece la percentuale maggiore di affiliati in servizio militare appartiene a SG di etnia afroamericana e ispanica; un quadro che subisce quindi un cambiamento rispetto allo scenario di venti anni fa, ma risultano sempre presenti membri delle OMG legati a crimini di droga e traffico di armi, come gli Hell’s Angels, i Vagos e i Mongols. Secondo l’ATF, gli affiliati si ritrovano tra militari in servizio attivo, riservisti, membri della Guardia Nazionale e soprattutto contractors a seguito dell’esercito americano nei teatri attivi di guerra. Lo scopo principale per questa tipologia di infiltrati è quello di avere accesso alle armi e alla possibilità di oltrepassare i confini nazionali americani per intrecciare e mantenere rapporti con altre gang o realtà criminali: soprattutto la possibilità di viaggiare fuori dall’America è uno degli appeal maggiori per i MTGM, che grazie al servizio militare arrivano dove altrimenti non potrebbero, anche e soprattutto per compiere i loro traffici, dal traffico di cocaina tra Argentina, Colombia e Messico al traffico di soldi, gioielli e armi dal Medio Oriente.
Si legge in Gustav Eyler, Gang in The Military, The Yale Law Journal, vol. 118, No. 4, 2009:

Gang incidents involving active-duty personnel encompass nearly the entire scope of criminal activity. As with civilian gangs, the most common felonies associated with gang activity in the military are illegal drug offenses. While these crimes typically involve the retail distribution of drugs, military gang members have been known to use their security clearances and equipment to facilitate sophisticated drug-trafficking schemes. Military gang members also engage in the smuggling of weapons. In one instance, a gang member in the Army smuggled home four AK-47S from Iraq that were used to commit multiple bank robberies. Due to the domestic security implications of such crimes, law enforcement agencies have identified all reported weapons-related incidents as serious threats. Murder, assault, and robbery complete the list of felonies that gang members in the military reportedly commit. Killings are often linked to inter- or intra-gang conflicts. One soldier stationed in Germany died after receiving numerous punches from fellow gang members during an initiation rite. Three other soldiers in Alaska were charged with murder after they allegedly killed a civilian while exchanging gunfire with rival gang members. Other killings occur at the hands of military gang members during the commission of separate criminal offenses. Gang members in the military also commit lesser crimes of vandalism, domestic disturbance, and money laundering. Gang-related vandalism has attracted the most media attention, with several national newspapers reporting a proliferation of gang graffiti on military installations.

Per quanto riguarda i membri identificabili come DT, l’identificazione e la stesura di una lista a fini statistici e di indagine risulta complicata dai limiti del Primo Emendamento. Si tratta infatti di una tipologia di gang la cui affiliazione è data da una ideologia politica, caratteristica non indagabile in America. L’NGIC ha quindi cercato di definire tre sotto categorie di DT che offrono una visione più schematica dei loro affiliati, i più pericolosi nel contesto civile. Si tratta infatti di membri di gang interessate nell’acquisire competenze su esplosivi, armi da assalto e difesa del territorio, gang il cui collante è una ideologia radicalizzata principalmente opposta al governo e che rappresentano una minaccia sia per lo Stato che per la società civile.

Le tre categorie principali di DT sono raggruppate come estremisti e si tratta dei neri separatisti, dei sovranisti e dei bianchi suprematisti, tutti modelli riferibili  a narrative di complotto, alle milizie autonome, all’isolamento sociale e a finanziamenti illegali per l’acquisizione di arsenali, la costruzione di bunker o la creazione di campi di addestramento fuorilegge sul territorio americano. Resta sempre complicato identificarne i membri senza ledere il diritto a credere ed esprimere la propria opinione politica, ma in questo caso il Congresso degli Stati Uniti ha cercato di definire delle linee guida soprattutto nel reclutamento, la fase principale in cui può essere arginata in maniera importante la presenza di membri di gang nell’esercito. Per questo è raccomandato ai reclutatori l’utilizzo del Fort Bragg Provost Marshal Office’s Gang and Extremist Handbook oltre che una conoscenza approfondita di tatuaggi, simboli e colori/abbigliamento delle gang.
Da sottolineare comunque che l’affiliazione a una gang non preclude l’arruolamento: anche questo complica le cose per l’esercito americano che non può rifiutare la firma ad un giovane con tutti i requisiti, a meno che non venga dimostrata l’affiliazione attiva a una gang. In questo caso, con l’aiuto delle autorità federali competenti, si può provvedere a scartare la domanda di arruolamento. Si legge, sempre in Eyler, 2009:

[…] recruiters should communicate more effectively with law enforcement groups. This would entail eliminating the bar to information sharing created by provisions like A.R. 601-210, § 2-n(b) – the Army regulation that waives the police record check requirement if police or court authorities do not respond within seven days or charge a data-processing fee. Local and state law enforcement groups could likewise assist by improving response time and eliminating processing fees for military requests. At the federal level, military recruiters and civilian agencies could improve their relations by sharing more informatio

La presenza di MGTM nell’esercito americano è fonte da sempre di un dibattito sociale che vede contrapporsi chi crede che la disciplina dell’esercito possa aiutare ad allontanare i membri dalle gang e chi invece vede un rischio in crescendo nel fenomeno. Nel primo caso, l’addestramento viene visto come una soluzione educativa capace, attraverso la disciplina e il rigore della formazione militare, di offrire nuovi modelli ai membri delle gang che sarebbero così in grado di allontanarsi e tagliare i ponti con il background da cui provengono. La possibilità di fare carriera senza avere un curriculum scolastico, così come la vita comunitaria nell’esercito e i modelli gerarchici, sono tutti rafforzativi delle buone predisposizioni dell’individuo, anche perché nella maggior parte dei casi si tratta di membri di gang arruolati per sfuggire a procedimenti penali, in una fascia di età tra i 20 e i 24 anni, spesso completamente estranei al mondo al di fuori del loro quartiere.
Nel caso dei detrattori di questa teoria invece, la pericolosità è data dalle statistiche in aumento dei fatti criminosi nell’esercito legati ai membri delle gang e al discorso sull’educazione alle armi. Fa paura il fatto che i membri delle gang imparino sì la disciplina, ma anche ad applicare questo modello alla loro struttura gerarchica, così come fanno paura le competenze date a vario livello, dalle armi agli esplosivi alle tattiche di guerriglia che vengono poi esportate al di fuori dell’esercito una volta finito il servizio. Vi è anche un importante discorso legato alla percezione della violenza a livello psicosociale: un membro della gang proviene da un contesto dove la violenza determina già le regole di vita e acquisendo nell’esercito le capacità di gestire armi e combattimento corpo a corpo, si facilita l’idea di portare questo tipo di gestione nella società civile. Si trasforma un membro di una gang in un soldato capace di far fronte ad aggressioni sia sul campo di battaglia che in una strada di Los Angeles, con tutte le conseguenze del caso. L’NGIC afferma il timore che l’addestramento militare

could ultimately result in more organized, sophisticated, and deadly gangs, as well as an increase in deadly assaults on law enforcement office

Gli scenari di guerra sempre più vicini grazie a un mondo iper-connesso che annulla le distanze, sono una ottima alternativa per la formazione di MGTM che per un motivo o per l’altro non sono nelle fila dell’esercito. Scenari come la Siria, l’Ucraina dell’Est, lo Yemen, accolgono membri di gang da ogni parte del mondo, così come appartenenti a gruppi estremisti di varia ideologia. Un famoso video ritrae due membri della gang di Los Angeles AP13 (Sureños), una gang armena affiliata alla Mexican Mafia del South Side, in combattimento dall’altra parte del mondo, in Siria, nelle milizie pro Assad. Nessuno dei due uomini è tornato in America, uno è killed in action mentre l’altro risulta rifugiato in Armenia. Alla fine del 2018, un resoconto dell’ FBI racconta di come quattro membri del Rise Above Movement, organizzazione americana di suprematisti bianchi, si siano addestrati militarmente nei campi del Battaglione Azov in Ucraina dopo aver partecipato a gravi episodi di violenza in America.

Risorse:

  1. Gustav Eyler, Gang in The Military, The Yale Law Journal, vol. 118, No. 4, 200
  2. U.S. Army Criminal Investigation Command, Dep’t of the Army, Summary Report: Gang Activity Threat Assessment
  3. Nat’l Gang Intelligence Ctr., Gang-Related Activity in the U.S. Armed Forces Increasing
  4. Carter F. Smith, Military-Trained Gang Members in the Volunteer State in the United States, International Journal of Criminal Justice Sciences, Vol 13, Issue 2, July – December 2018

_________________________________________________